Attualità,  Politica

L’amante masochista

Mi ritengo una persona fortunata perché mi hanno insegnato a cantare l’inno d’Italia.

Sono stata una bambina fortunata perché io quell’inno lo sentivo davvero. Esso rappresentava la totale certezza di appartenere ad un gruppo a cui avrei sempre potuto fare riferimento ed affidamento. Tramite il semplice gesto della mano sul cuore, in quel preciso istante, io divenivo parte di un unico grande canto patriottico in cui non vi era traccia di esclusione.
Magnifica illusione da ingenua bambina.

Purtroppo sono stata condotta dalla storia e dall’attualità ad avere un forte ripudio verso il mio paese, verso la mia gente, e quindi anche verso l’inno. E tutto questo a causa del mio amore verso la politica.

È il peggiore dei macigni che mi porto sulle spalle, quello più frustrante.
È quello che ti fa imprecare ogni volta che leggi qualche post sui social di intellettualoidi, dilaniatori della politica; è quello che ti fa a mala pena trattenere le mani dal rispondergli con lunghi commenti per distruggere le loro opinioni; è quello che ti porta a scrivere e riscrivere quei commenti per poi rivederli, alzare gli occhi al cielo e decidere di cancellarli, perché non è possibile compiere un dibattito politico sui social, per poi voler spaccare il telefono o il computer perché vedi i politici fare il loro mestiere sui social.
È quello che ti spinge a leggere ogni giorno i giornali, a seguire i telegiornali e le trasmissioni con dibattiti politici, continuando giorno dopo giorno ad accumulare frustrazione.
È quello che ti fa contorcere nel letto pensando ad ogni singolo problema che c’è nel paese e a cosa tu possa fare per risolverlo.
È quello che ti fa perdere totalmente il sonno perché inizi a pensare ad un articolo da scrivere o a qualsiasi mezzo di comunicazione alternativo per condividere quella energia. Sai che l’unico modo che hai di scaricarla è farla convergere verso la creazione di qualcosa di produttivo, qualcosa per la società, perché tu sei solo un minuscolo ingranaggio che però deve compiere il suo lavoro per riuscire a garantire il miglioramento dell’umanità. Ma poi una parte di te ti ricorda che il giorno dopo devi andare a lezioni, e allora provi a reprimere tutto; dici a te stessa che il giorno dopo appena finite le lezioni torni a casa e scrivi l’articolo. Eviti anche di alzarti per prendere un foglio di carta ed appuntarti le idee, tanto ti rimarranno in testa, ma devi evitare di attivare il tuo corpo tramite un qualsiasi impulso. E allora inizi a ripetere al tuo cervello di addormentarsi, che se davvero vuoi cambiare le cose devi costruirti un futuro, e per farlo devi avere un lavoro, e per averlo devi avere un’ottima istruzione ed essere la migliore. E per riuscire a fare tutto questo ovviamente sono necessarie quelle che ormai sono solo 5 ore di sonno, ma basteranno, dovrai solo prendere un po’ più di caffè. Ma continui a contorcerti nel letto, e allora dai, magari fumandoti una sigaretta riesci a calmarti. Ti rulli questa dannata sigaretta ed apri la finestra, fumi con lente boccate e guardi fuori e ti rendi conto di star guardando il mondo. Immobile, ne cogli l’immensa bellezza che ritrovi nelle piccole cose: la coppietta che passa fregandosene dell’intero mondo, l’ubriaco che urla contro il lampione, la luna che ti sembra bella come non mai ed il vento che ti riempie i polmoni. E allora finisci per calmarti, totalmente riappacificata con l’universo che ti ha concesso per quei pochi istanti un luogo ameno. Finalmente riuscirai a dormire. Ma il giorno dopo sarai troppo stanca dopo le tante ore di lezione per scrivere l’articolo e allora finirai per uscire con i tuoi amici. E lì ricomincerà il circolo, perché l’amore per la politica seppur si celi non smette mai di gorgogliare.

Perché sarà quello che ti spingerà a tentare di aprire gli occhi a color che ti dicono in faccia che la politica è inutile. E allora inizieranno le solite spiegazioni sulla bellezza intrinseca della politica, fondamenta della nostra società senza la quale saremmo bestie. E vai di citazioni illustri, e vai di esempi lampanti di quanto la storia potesse essere diversa se ognuno avesse fatto il suo compito, e vai dell’elogio dell’importanza del singolo. Ma poi come sempre arriverà la frustrazione. Perché questo paese fa schifo anche a causa di coloro che se ne lavano ogni dannato giorno le mani, perché c’era chi cantava “per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”, ma io ve lo sbatto in faccia che voi siete coinvolti, “verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte”, ed io griderò fossi anche l’ultima persona in questo dannato paese a gridare, io griderò.
Ma poi ti rendi conto che sei in piedi, con la birra in mano, tremante per l’adrenalina esplosa insieme alle tue urla, e sei fissata da tutte le persone attorno a te, guardi quello che doveva essere il tuo interlocutore, lo vedi sbalordito. E allora tutto il fuoco si tramuta in gelida pesantezza che ti fa crollare sulla sedia, ti raggomitoli nelle tue braccia e realizzi di nuovo che lui non è come te. Provi a sdrammatizzare dando la colpa al troppo alcool ingerito, mentre nella tua testa risuona una sola frase: “Non ha il tuo stesso fuoco negli occhi”.

Così si riduce l’esistenza di un’amante della politica, privata delle forze gettate in malo modo al vento, nel vano tentativo di spiegare l’amore a chi non ha i mezzi. Ed il problema è che ti rendi conto che se loro sono colpevoli di ignoranza, tu sei colpevole di sfrontatezza. Divieni consapevole del fatto che l’amore va insegnato, ma per te l’insegnamento è il lavoro peggiore del mondo, non hai pazienza verso chi non ha voglia di imparare. Sai che devi cambiare, riuscire a sottomettere la passione all’oggettività, comprendere che sei semplicemente stata una persona fortunata a cui è stato insegnato l’amore per la politica. Smettere di farti sopraffare dalla frustrazione di sentirti straniera nel tuo stesso paese, smettere di ricordare con disprezzo la bambina che orgogliosamente metteva la mano sul cuore e saliva sull’oggetto più alto nelle vicinanze, come se in questo modo tutto il paese potesse sentirla urlare “Fratelli d’Italia”. Smettere di pensare che amare il proprio paese sia un peccato di razzismo, smettere di pensare all’orgoglio nazionale come fosse l’altra faccia del fascismo.

E così, per la prima volta nella tua vita senti la mancanza dell’Italia, il paese da cui sei sempre voluta fuggire poiché ti ci sentivi straniera, dove eri sbagliata perché leggevi troppo, parlavi troppo, troppo fissata con la politica, troppo bisognosa di giustizia, troppo noiosa perché non volevi mai prendere la via più facile, troppo gentile con il prossimo, troppo ingenua, troppo buonista, troppo irrispettosa dei superiori, troppo fissata con il cambiamento, troppo poco interessata al posto fisso, troppo esagerata perché vedevi delle falle in tutti i partiti.

E mentre ora fumo la solita sigaretta notturna che non riuscirà a salvarmi da tutto questo, guardo la Tour Eiffel che riesco ad intravedere dal balcone. Nonostante la lontananza, le migliaia di luci me la fanno vedere nitidamente, ne apprezzo l’immensa bellezza e penso a tutti gli sforzi fatti per riuscire ad essere qui. Sorrido e penso a quanto io possa essere masochista nel desiderare adesso l’Italia che ho tanto ripudiato, e mi rendo conto che non posso fare altro che accettarlo: amo la politica, per questo non posso permettere che venga stuprata.

Montanaro Francesca

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