Territorio,  Narrativa

Il mondo in una camicia a quadretti

Ordine: Disposizione regolare di più cose collocate, le une rispetto alle altre, secondo un criterio organico e ragionato, rispondente a fini di praticità, di opportunità, di armonia.

L’ordine è una disposizione la cui proiezione si muove dall’interno (la mente) verso l’esterno (il mondo) e che ci accompagna per tutta la vita o quantomeno dal momento in cui prendiamo coscienza della realtà esterna. Forse, la nostra personale propensione a creare e riprodurre un ordine è l’altro aspetto del funzionamento della nostra mente: classificare le cose, differenziarle e, per alcuni sociologi, interpretare e assegnare loro un’etichetta. Nel senso: se per conoscere ho bisogno di elaborare delle classifiche, allora, probabilmente, sentirò la necessità di interiorizzare prima ed esteriorizzare poi uno stato delle cose che agevoli questo processo conoscitivo. Perciò, ipotizzando che il principio di classificazione sia valido per tutti e sempre, ragioneremo di un meccanismo del nostro comportamento rintracciabile anche nelle persone che pensano di vivere senza un ordine. In realtà lo cerchiamo ovunque siamo e qualunque cosa facciamo.

Possiamo intendere l’ordine come un insieme di abitudini, oggetti, frasi, pensieri, colori che cerchiamo, ripetiamo e preferiamo (ad altro) costantemente; ne abbiamo bisogno per avvicinarci a una situazione di armonia tra corpo e mente. Ora entriamo nella complessità dell’esperienza quotidiana e proviamo a fare qualche esempio. Pensiamo a chi sente il bisogno di fumare una sigaretta dopo aver bevuto la tazza del caffè pomeridiano. Oppure a chi deve recarsi dal barbiere una volta al mese per il solito taglio di capelli. C’è chi a un certo punto deve liberare la propria scrivania da ogni ostacolo per poter passare uno straccio e risistemare tutti gli oggetti nella stessa posizione o in altre più compatibili con i bisogni momentanei.

Ora parlo un po’ di me perché mi conosco.

Io riproduco l’ordine quando indosso una camicia a quadretti.

Una camicia a quadretti è un insieme di lineette che si incrociano con regolarità e sempre con la stessa inclinazione. Inoltre l’area colorata del quadretto non varia nel tempo: che sia sera o giorno, sereno o piovoso, che tu sia al mare o in montagna, queste caratteristiche – potremmo dire questi schemi – non variano. Chi, invece, fuma una sigaretta dopo il caffè ha introiettato altri riferimenti: occorrono cinque minuti per fumare una sigaretta tra la tazza di caffè gettata nel lavabo e l’inizio del programma televisivo pomeridiano. Sono, comunque, schemi e logiche che ci permettono di affrontare gli eventi con chiarezza e serenità.

Ma se queste azioni abitudinarie fossero semplicemente funzionali? Può darsi. Non ho una controprova che possa ribattere, però potremmo chiedere a qualcuno di non riprodurre l’ordine e di raccontarci le sue sensazioni.  Una maglia ha la stessa funzione di una camicia: il riparo. Ma io preferisco una camicia a quadretti a una felpa, e non riguarda le mie preferenze personali. In poche parole, penso che tra il non risistemare la scrivania e il farlo, tra il fumare una sigaretta in quei cinque minuti oppure no, avendo la possibilità di riproporre una condizione ottimale – favorevole a noi perché conosciuta e ripetuta più volte -, ci sia una fondamentale differenza: la capacità di controllo che abbiamo o che ci sembra avere su ciò che accade. (Questa logica ha alcuni punti interessanti in comune con la relazione tra classico – passato, immobilità, mito – moderno – presente, cambiamento -, temi che riprenderemo in futuro.)

In fondo, potremmo dire, stiamo affrontando la vecchia storia del mondo: forma e contenuto che bisticciano e lottano per poi ritrovare l’equilibrio, poi ancora uno dei due che si lamenta dei limiti dell’altro e così via – la trasformazione della realtà.

A tal proposito è utile ricordare i sonetti dei poeti del Classicismo, esempi di forme che racchiudono in poche rime sensazioni, riflessioni, passioni intense: il contenuto magmatico veniva rielaborato in modo ordinato e delimitato all’interno di una pagina di quattordici versi.

Oppure potremmo pensare a chi si arruola nelle forze armate per vivere una disciplina preconfezionata, interiorizzando, cioè, regole già stabilite e ordini dall’alto che tolgono la possibilità di scelta: non devo pensare a cosa fare e come, non devo costruirmi regole, l’ordine viene prima di me – prima del mio pensiero. Anche questa è una manifestazione del bisogno di ordine.

Perciò azzardando una metafora, la vita sarebbe un litro d’acqua, la cui forza distruttrice, come la vita, si è sprigionata tante volte nel corso della storia fino ai giorni nostri. Infatti, se non raccogliessimo l’acqua in un recipiente, essa si trasformerebbe, paradossalmente, da fonte di vita a causa della nostra morte (nel deserto senza una borraccia) oppure potrebbe dilagare e sommergere intere comunità. Quindi la vita è acqua mentre l’ordine che creiamo e riproduciamo è la bottiglia in PET che la contiene.

Tuttavia è chiaro come l’ordine non sia portatore naturale di eterno equilibrio. Quante volte, infatti, abbiamo rovesciato sul tavolo l’acqua oppure quanta ne è gocciolata nei nostri tentativi di riempire un bicchiere? A volte l’acqua evapora e altre ci inzuppa lo zaino: così la vita, l’equilibrio e poi gli ostacoli, ancora un nuovo equilibrio e così via. C’è, però, chi cambia: da PET a vetro e chi, a seconda della stagione, dalla camicia a quadretti alla polo a tinta unita. Forse non sarebbe sbagliato dire che l’equilibrio sia come  una piuma che vogliamo acchiappare, ma che il vento sposta sempre un po’ più avanti; l’ordine, invece, occhiali che fanno apparire la piuma, banalmente e straordinariamente, più vicina, più alla nostra portata.

In conclusione, un mondo, possiamo dirlo, non entrerà mai spontaneamente in una camicia a quadretti perché la complessità del reale non è compatibile con schemi che noi, a-priori (prima dell’esperienza), costruiamo. Tuttavia possiamo elaborare la relazione in verso opposto: utilizzare la consapevolezza del proprio ordine per adattarsi con minore tensione all’insensatezza – la cui natura è riconducibile all’apparente irrisolutezza delle situazioni – che affrontiamo quotidianamente. A quel punto sì che potremo parlare di un mondo racchiuso all’interno di una camicia: l’ordine personale, formale e poi mentale si sarà esteso a ogni manifestazione dell’essere, dandoci – e questa è la forza rivoluzionaria dell’ordine – almeno l’impressione di poter controllare la complessità e il caos della realtà.

Francesco Caiazzo

Studente di Storia, Università di Bologna, Pugliese.

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