Territorio

“Cosa ti spinge a farlo?” “Una promessa a mio padre”.

Pierpaolo Antonucci, anche conosciuto come Solo, nato a Grottaglie, 22 anni, lavora come magazziniere in un’azienda agricola. Vive a San Marzano di San Giuseppe (TA), cittadina di poco meno di dieci mila abitanti in cui fino ad oggi nessuno aveva mai provato a realizzare quella promessa che Pierpaolo fece a suo padre: essere conosciuto per la musica, in particolare per un primo mixtape (raccolta di brani non finalizzati alla vendita).

Francesco Caiazzo lo ha incontrato e gli ha posto alcune domande.

Perché hai iniziato a fare musica? Cosa ti spinge a farlo?

Pochi mesi fa ho perso mio padre e l’unica promessa che ho fatto a lui è stata proprio questa: realizzarmi in quello che volevo: fare musica. E da lì ho iniziato a scrivere i primi testi, proprio in ospedale mentre trascorrevo le notti affianco a lui durante gli ultimi giorni di vita. Poi ho incontrato un amico di Lizzano (TA), Federico, che ha uno studio dove registra e aiuta i ragazzi (NWStudio dell’ Hatecore).

Raccontaci dell’inizio.

Ho iniziato a scrivere il primo testo che è Knockout (ascolta qui): il gioco del rap. Poi Without notifying (ascolta qui) . In quest’ultima traccia mi sono ispirato alla storia col mio compagno. Ho scritto pensando a lui e molte delle cose scritte nel testo – come il semplice dire “ti amo”- non gliele ho mai dette perché, come racconto nel brano, “non sono in grado”. Quando sono in sala riesco a esprimermi al meglio perché sono solo e nessuno mi interrompe. Posso dire quello che penso. Ed è la base che mi ispira quello che devo dire. Scelgo la base e poi ci scrivo sopra.

Ultima traccia di Solo in collaborazione con Vaas Baker registrata al NWStudio dell’Hatecore (TA)

La reazione.

Io sono un tipo che ha sempre avuto paura del pensiero degli altri. Quindi ero molto indeciso se dire al mondo che dovevo fare questa cosa. Poi in un paese come il nostro in cui c’è una resistenza a forme di produzione artistica e culturale, il compito è risultato più difficile. Però alla fine l’ho fatto. Non ho più avvertito paura quando ho iniziato a vedere che con le mie due prime canzoni le persone mi fermavano e mi chiedevano la data di uscita delle successive tracce. Vorrei farmi conoscere e mettere in chiaro che non sono quello che hanno pensato finora. Non sono uno stupido che non si interessa a nulla ed è privo di interesse.

La resistenza di cui parli potrebbe nascere dalla percezione di produrre qualcosa, in qualche modo, lontano dalla realtà, dai problemi di tutti i giorni?

La gente dice che siamo lontani dalla realtà, però secondo me è la gente che è lontana dalla realtà perché i blog o il rap, comunque la musica di protesta, hanno sempre raccontato i problemi reali e da questi prendono spunto. Chi giudica spesso non si è mai interessato a vedere cosa c’è dietro un lavoro. Spesso criticano per il sentito dire. Sarebbe meglio, secondo me, se ci fosse più interesse dei giovani nel fare qualcosa, evitando di criticare subito senza conoscere le cose.

Che messaggio vuoi trasmettere?

Interessarsi a qualcosa, l’importante è spaccare. Vorrei inoltre avvicinare quante più persone possibili al genere rap perché è una musica interessante, affascinante, un po’ tutto l’immaginario del rap. Per trasmettere qualcosa Internet è un posto giusto. E’ l’unico spazio che può darti una possibilità. “I ragazzi sono sempre su internet” dicono; è vero, ma è perché vogliono fare qualcosa. Non c’è lavoro e se c’è, spesso i soldi sono usati per pagarsi ciò che piace fare, come nel mio caso: lavoro per pagarmi la produzione in studio.

Qual è una critica distruttiva?

Quella che misura la distanza tra il dire “Non mi piace” al “Che vuoi fare qui a San marzano!?”. L’altro giorno io e un mio amico facevamo un discorso: con la sua musica vorrebbe cambiare la realtà di questi paesi in cui c’è bisogno di una scossa per avere un cambiamento. I ragazzi sono privi di interesse. La loro mancanza di inventiva e creazione li porta a criticare il lavoro degli altri perché è la cosa più facile.

Secondo te da cosa nasce la mancanza di interesse?

Ci possono essere miliardi di motivi. Bisogna vedere come sono cresciuti, con quali modelli familiari. Per molti ragazzi oggi due sono le cose: o cercano di fare le cose autonomamente o si adattano al posto in cui vivono. Diventano ciò di cui sono circondati. Spesso qualunque discorso tu esca, la prima frase è: “che me ne frega?”. Come se San Marzano fosse distaccata dal mondo.

Come va il tuo lavoro?

Ho chiesto a vari studi: tutto si basa sui soldi. Se hai i soldi puoi permetterti strumentazioni migliori e pubblicità. Io ora vorrei trovare un lavoro che mi faccia mettere i soldi da parte e che mi lasci il tempo per portare avanti questa cosa. Io ci proverò e riproverò.  Tutto il resto che non sia soldi sta a me, quando la sera mi chiudo in camera da solo per scrivere il testo con messaggi importanti, senza fare come gli altri rapper che parlano di tr**e, soldi e successo.

Vuoi lanciare un messaggio?

Voglio dire agli altri e anche a me stesso di interessarsi a qualcosa e soprattutto di criticare dopo aver cercato di capire cosa si sta dicendo, dando un valore a ciò che una persona ha fatto e prestando attenzione a come una critica è elaborata. Infatti alcune volte in paesi come questi la critica è pronta e chi resta a casa a farla non merita una considerazione. Io nel frattempo prego tutte le sere di riuscire a realizzarmi come si deve.

Francesco Caiazzo

Studente di Storia, Università di Bologna, Pugliese.

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