Attualità

Quando lo schermo del televisore diventa nero

Chiedermi il perché delle cose mi fa stare bene. Affiancare il perché al come mi rende consapevole.

Tra le tante domande che mi pongo, trova spazio quella relativa alla televisione: è un buon prodotto, è educativa?
Ci penso quando sono di fronte al teleschermo. Rifletto tra me e me: voglio capire se abbia senso rimanere lì o sia più utile fare “altro”. La risposta non tarda ad arrivare: lo schermo della tv diventa nero, che si tratti di un talk show o di un reality show. Nonostante siano contenuti televisivi con obiettivi diversi, la mia mente li cataloga ormai allo stesso modo.

Ed il motivo è semplice: mi hanno stancato entrambi.

Fino a poco tempo fa reputavo che i reality shows fossero buoni esperimenti sociali per l’apparente capacità di riprodurre dinamiche reali. Pur riconoscendone l’evidente e onnipresente parte trash, li seguivo e me ne appassionavo.

Poi qualcosa è cambiato o forse sono cambiata io. Ad un certo punto ho iniziato a mal sopportare la prevedibilità del gioco, la cocente ignoranza, i troppi luoghi comuni e ancor peggio il tentativo di trattare temi importanti in contesti televisivi non all’altezza.

Ho realizzato sostanzialmente che questi programmi, sì divertenti, non mi trasmettono alcunché e soprattutto non sono esperimenti sociali. La parola d’ordine non è verità, ma audience, business.

Riguardo invece ai talk shows, ne ho guardati in abbondanza. Ho ascoltato personalità che ammiravo, rimanendone incantata, e personalità che è meglio non qualificare. Ho sempre apprezzato i talk shows perché sicura che almeno loro trasmettessero qualcosa: nozioni, conoscenza, esperienze.

Poi un giorno un mio professore di liceo mi ha rivelato che non trovava più interessanti i talk shows per un motivo: sono incapaci di proporre soluzioni ai problemi trattati. Mi ha pervaso allora un senso di disorientamento. Non per la rivelazione, ma perché ho realizzato che mai mi ero chiesta dopo un servizio o un intervento se fosse stata realmente proposta la soluzione.

E quindi ho cercato di recuperare tramite una maratona di talk shows. Alla fine ho costruito un report finale, fatto di tanti argomenti, tanti ospiti e purtroppo zero soluzioni. È accaduto, infatti, che il conduttore si sia astenuto dal chiedere la soluzione all’ospite o che, chiedendola, abbia ricevuto una risposta di 5 monosillabi o una perifrasi di svariati minuti significante però il nulla.  Da un eccesso all’altro insomma, senza però cambiare la sostanza.

Quindi ho dato ragione al mio professore. E ho provato un sentimento contrastante: da una parte sono stata dispiaciuta perché incapace di realizzare il tutto prima, dall’altra però felice di aver saputo cogliere uno spunto di riflessione.

Allora penso che è cambiata la televisione: è lontano anni luce quel modello televisivo educativo, che ha contribuito all’alfabetizzazione italiana. Dicono però che siano cambiati gli Italiani. Dicono che la causa di ciò sia una crisi di valori morali. Io non so se sia vero. Ho 20 anni e non ho ancora una soluzione a questo quesito. Intanto però ci penso. Prima o poi troverò una soluzione. Quando accadrà, non scriverò forse un altro articolo. Sarebbe bello dirlo in un talk show.

In attesa di quel momento ringrazio però quel mio professore, lui sì che è uno in gamba. E se ci fosse lui, lo schermo della televisione non diventerebbe nero.

Roberta Muri

23 anni, pugliese, studentessa di Economia a Verona.

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