Arti visive

Sing Street, canto e incanto

Siamo a Dublino, nel 1985. Il regista John Carney affida ad un ragazzino sedicenne il compito di spiegare in modo semplice e profondo la formula perfetta per superare i problemi, da quelli scolastici a quelli familiari: dedicare anima e corpo al proprio sogno.
Nel caso del protagonista Conor, detto Cosmo, è la musica a salvarlo. Crea una band per impressionare la problematica (e già impegnata) ragazza di cui si innamora, Raphina.
Il film si muove benissimo nelle sue canzoni scelte ad hoc per ogni fase che Cosmo passa con la sua band. Così ci ritroviamo ad ascoltare Rio dei Duran Duran, Gold degli Spandau Ballet, In between days dei Cure e quasi ci sentiamo nella stessa cameretta di Cosmo a immaginare amori, a sognare una partenza che cambi la nostra vita, mentre fuori le liti dei genitori mandano in frantumi il matrimonio.
Sicuramente è la musica ad assumere il ruolo di musa ispiratrice e liberatrice qui, ma più in generale è il potere salvifico dell’arte che fa da padrone per tutto il film. Arte che è in grado di far superare quel confine sottile che separa la nostra vita, tutta dedita alla ricerca di un equilibrio e di una stabilità, dall’irrazionale assoluto, dalla voglia di osare, da mille “vorrei”.
Se il film riesce ad essere magnetico e coinvolgente è soprattutto grazie alla presenza di quell’arte che per i Romantici nell’Ottocento era in grado di esprimere l’inesprimibile, la musica, che avvolge e coinvolge. Perché è l’arte in tutte le sue forme ad essere magnetica e coinvolgente. Estraniata dalla quotidianità ed estraniante.
Cos’altro, se non l’arte, è in grado di sopravvivere nel tempo, di varcare ogni spazio, di raggiungere l’io più profondo, di (tanto per restare in tema) toccare le corde giuste?
Allora ben venga rischiare tutto per ciò che si ama, mollare gli ormeggi per inseguire quello che si vuole fare davvero. Perché in futuro quello che ferirà maggiormente sarà ciò che si poteva fare e non è stato fatto. Salutare il porto sicuro non può essere un male se lo si fa per passione vera, pura, visionaria.
E per concludere con le parole giuste, vale la pena citare un estratto del discorso di Meryl Streep ai Golden Globes per ricordare l’amica Carrie Fisher: «Take your broken heart, make it into art».1


1 «Prendi il tuo cuore infranto, trasformalo in arte»

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