Arti visive

I beni culturali non passano mai di moda

Perché studi beni artistici? Perché ti interessano pennellate di colore? Quale occupazione speri di trovare continuando a studiare ciò che ha segnato le epoche passate?

La risposta a queste domande potrebbe concludersi con “perché è interessante, perché l’arte mi suscita qualcosa dentro o semplicemente perché è stata una mia scelta”.

Ma entrerò più nel particolare e cercherò di dare una risposta a queste domande : ho deciso di studiare l’arte perché l’arte è tutti noi, ha segnato il nostro passato, segna il nostro presente e qualsiasi cosa che ci circonda è una forma d’arte.

L’arte accompagna l’essere umano da circa 2,5 milioni di anni ed è sempre stata utilizzata in qualsiasi circostanza, che sia la comunicazione nella sfera religiosa o civile, in ambito funerario, fino ad arrivare a una espressione di cultura artistica che noi comunemente indichiamo con il concetto di “manifestazione del bello” che ogni corrente artistica ha reso plastica nelle maniere più svariate.

Ancora oggi l’arte occupa un posto rilevante, non solo per chi l’apprezza, ma anche per chi ne fa un lavoro. Soffermandoci su quest’ultimo caso, poi, è importante ricordare come gli unici enti e/o professionisti che lavorano con le opere d’arte non siano solo musei, pittori, scultori, restauratori e storici dell’arte: vi sono anche le forze dell’ordine. Si parla del mercato dell’arte, delle opere che sono state rubate o, addirittura, delle false produzioni accreditate a artisti di fama internazionale.

Una delle notizie che ha fatto più scalpore è sicuramente il caso dell’opera “La Natività” di Caravaggio: il quadro più ricercato dalle polizie di tutto il mondo e di cui sono stati scritti fiumi di pagine poichè nel 1969 è stato sottratto all’oratorio di San Lorenzo a Palermo.

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Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, Caravaggio, 1600, olio su tela

Ma al furto sono state dedicate anche trasmissioni televisive come “Operazione Caravaggio” perché ancora oggi non è ben chiaro dove il quadro possa essere e soprattutto come sia stato possibile rimuoverlo dal luogo per cui era stato pensato e prodotto.

Passando dal clamore alla tecnica, ora proviamo a raccontare l’arte.

La bellezza del quadro risiede nella differenza con cui si pone rispetto agli altri quadri caravaggeschi e nella tonalità dell’ocra (che non è uno dei colori prediletti dell’artista), ma si anima anche della tragicità meno manifesta rispetto al suo tipico modo di fare arte.

Tornando al furto, si pensa come la situazione politica, storica che avvolgeva l’epoca (un periodo di degrado e decadenza dovuto alla seconda guerra mondiale) sia stata certamente un ostacolo, anzi.

Tant’è che qualche giorno prima del furto della Natività, la pinacoteca del palazzo Abatellis a Palermo aveva subito un altro furto. Questa volta l’attenzione era caduta su alcuni dei capolavori di Antonello Da Messina che, però, fortunatamente non vennero mai sottratti alla pinacoteca.

Le ipotesi sul furto del Caravaggio sono varie, ma a mio parere quelle che stimolano maggiormente la curiosità sono due.

La prima, secondo Francesco Marino Mannoia, è che la Mafia siciliana abbia deciso di rubare l’opera e utilizzarla come sfregio nei confronti della collettività.

La seconda, invece, avvolarata da altri mafiosi (chi?) suggerisce che avrebbe dovuto rappresentare lo stendardo di alcune assemblee in cui decidere la sorte di bambini e donne presi in ostaggio e spesso, come sappiamo, disciolti nell’acido. Dopo l’arrivo di Totò Rina negli anni 80, si disperdono le tracce e resta ancora il dilemma.

A mio avviso la bellezza dei beni culturali è anche questo velo di mistero che può avvolgere le opere, rendendole più prestigiose agli occhi del fruitore.

Uno dei tanti casi che esprime questa sensazione è sicuramente il ritrovamento delle “ Teste di Modì” o, meglio, del finto ritrovamento di questi beni artistici.

Chi non ha mai sentito parlare di Amedeo Modigliani? Artista noto con i soprannomi di Modì o Dedo, morto prematuro, il che non ha consentito la creazione e la divulgazione di un numero prospicuo di opere. Proprio per questo motivo il caso delle teste di Modì ha fatto tanto scalpore. Durante il 1984 in occasione del centesimo anno di nascita dell’artista, il comune di Livorno decise di organizzare una mostra in suo onore. Fu l’occasione per una messa in scena geniale: alcuni studenti portano alla luce dei falsi che avevano realizzato. Così che furono intervistati dalle stampe di tutto il mondo.

Penso che basti come risposta alle vostre domande: i beni culturali sono la nostra realtà e il nostro patrimonio. Non passeranno mai di moda.

Francesca Cavallo

Classe ‘99, originaria della Puglia, studentessa di Progettazione e Gestione dei sistemi turistici.

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