Letteratura
La naturalezza dell’incanto: viaggio nel Sudamerica del realismo magico di Ladisa Vito
Nell’incipit risuonano le parole che ogni lettore attendeva e porterà con sé: “Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio”. Cent’anni di solitudine nasce e già si mostra come un autentico miracolo: sembra quasi che Gabriel Garcia Marquez stia semplicemente riportando una storia eterna, un racconto che esisteva già prima che l’uomo fosse nato.
Perduti a Parigi, Hemingway & Co. di Ladisa Vito
Quando Pablo Picasso presentò il dipinto Ritratto di Gertrude Stein, la critica ed il pubblico accolsero la sua opera in maniera decisamente tiepida, se non del tutto negativa. La scarsa somiglianza tra il soggetto e la sua rappresentazione era uno dei motivi ricorrenti nelle critiche al quadro, ma era soprattutto l’incertezza dell’esecuzione a lasciare perplessi i fruitori. Osservando il volto della signora ritratta non si può non fare caso alle numerose cancellature e correzioni, evidente manifestazione dell’indeciso oscillare tra una fase artistica già apprezzata e delle nuove influenze: il viso di Gertrude Stein risente, infatti, incontrovertibilmente, tanto delle spigolosità dell’arte africana quanto della struggente scultura iberica arcaica.
Insetti, occhiali e umorismo: alcune considerazioni su Woody Allen e Franz Kafka di Ladisa Vito
La fortuna dell’opera di Franz Kafka ha seguito due differenti strade che conducono l’una al mondo anglosassone e dell’Europa meridionale, l’altra all’Europa Centrale ed Orientale. Se in Italia, così come in Francia e negli Stati Uniti, Kafka è giudicato – meritatamente – come l’autore che meglio ha saputo raccontare, spesso attraverso l’uso di allegorie, temi decisivi per il Novecento come il disagio esistenziale, il senso di colpa, il vuoto e l’angoscia, nella Mitteleuropa egli è innanzitutto uno dei classici della letteratura realistica e, sorprendentemente, uno dei più apprezzati e raffinati umoristi. Per rintracciare le origini di questa reputazione è necessario, o quasi obbligatorio, considerare la sua straordinaria eredità, prendendo in esame, soprattutto, il più europeo dei registi d’OltreAtlantico, nonché uno dei maggiori genî comici degli ultimi cinquant’anni: Woody Allen.
La Narrativa della Crisi: una finestra sull’America di Trump di Ladisa Vito
L’America di provincia che Jonathan Franzen racconta in Libertà (Einaudi, 2011) sembra vivere degli stessi ritmi e costumi della serie televisiva Desperate Housewives, sembra essere intrappolata nelle stesse atmosfere isteriche: un quartiere residenziale con isolati e isolati di villette a due piani, dove tutti si conoscono e ogni pettegolezzo viene grottescamente diffuso, amplificato ed infine smorzato, fino a lasciarlo sedimentare nel quasi-dimenticatoio. Il primo capitolo del romanzo, che non a caso si intitola Buoni Vicini, riprende strutturalmente questo schema: le vicende della famiglia Berglund sono introdotte a poco a poco dai vicini di casa, e lo stesso narratore esterno non può che fare i conti con le loro opinioni e congetture per presentarli.
Il racconto del Novecento, la sfida del Duemila: Il Secolo Breve di Hobsbawm di Ladisa Vito
La qualità che ha reso eccezionale lo storico britannico Eric Hobsbawm è stata l’essere al tempo stesso un grande scienziato e un abile divulgatore. Non si spiega altrimenti la straordinaria fortuna – popolare e accademica – del concetto di Secolo Breve, titolo e nucleo del suo celebre saggio sul Novecento, nel quale ne racchiude l’estensione temporale tra lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e il crollo del comunismo nel 1991: è una definizione che può sembrare quasi banale (è palese che un’epoca non si concluda negli anni a due zeri) ma che anzi prende forza proprio dalla sua immediatezza dirompente, indice della disponibilità dello studioso a venire incontro a un pubblico quanto più vasto possibile.
Il drago nel deserto: “Open” di Andre Agassi di Ladisa Vito
Open è un magnifico esempio del tanto evocato Grande Romanzo Americano, riesce a sedersi al tavolo dei classici Moby Dick, Il Grande Gatsby, Pastorale Americana, ecc. e ad affermare con orgoglio la propria identità. Incarna alla perfezione il ciclo Fatica, Successo, Declino, Risalita, Maturità che ha reso grande e universale l’epos statunitense. Il libro ci cattura fin dal prologo – intitolato “La Fine” – grazie alla grande rivelazione che è con ogni probabilità il nucleo del libro: «Odio il tennis, lo odio di una passione oscura e segreta, l’ho sempre odiato». La mente del lettore è tanto presa quanto frastornata. Agassi e Moehringer possono già essere certi che il lettore non li abbandonerà per le successive quattrocentonovantadue pagine.
Le notti baresi di Dostoevskij di Ladisa Vito
La stagione teatrale barese quest’anno ha, per quanto riguarda la prosa, un indiscusso protagonista: Fëdor Dostoevskij. Sono ben tre, infatti, le opere dell’autore russo riadattate e proposte per i palcoscenici di Bari e collocate in punti cruciali del programma – l’inizio della stagione è stato segnato da Il Sogno di un Uomo Ridicolo, con la regia e l’interpretazione straordinaria di Gabriele Lavia, la parte centrale dai Karamazov, frutto del lavoro della compagnia Vico Quarto Mazzini, e la parte conclusiva, infine, vedrà Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini alle prese con Delitto/Castigo il 17 e 18 aprile al Teatro Petruzzelli.
Le solitudini urbane di Battisti e Panella di Vito Ladisa
Alla fine degli anni Settanta Lucio Battisti è già entrato nell’Olimpo della musica leggera italiana con canzoni che cannibalizzano le Hit Parade e che compaiono ancora dopo quarant’anni nei canzonieri – dei classici, insomma. Ha solo trentasei anni e il sodalizio con Mogol è stato una rivoluzione moderata in cui le istanze innovatrici di Battisti incontrano la scrittura lineare del paroliere: le influenze Rhythm and Blues, prog, latine, disco, vengono contenute in una struttura complessivamente pop. È un compromesso estremamente redditizio che rende Battisti un idolo nazionalpopolare.
Eppure LB non sopporta più le copertine, le ospitate televisive, la sensazione di essere nient’altro che il prodotto di un’industria: ecco la cesura – dolorosa, discussa – tra la fase iniziale della sua carriera e quella dell’avanguardia.